Fujica GW 690 Professional, la “grande Leica” analogica di Fuji per una fotografia d’azione in alta definizione
In questo articolo parleremo della Fujica GW 690 Professional e scopriremo come questa fotocamera, come pure la sua gemella Fujica GSW 690 (che scopriremo meglio in un prossimo articolo, così come il modello Fujica G 690), sia la fotocamera più rapida e facile da usare in assoluto per la fotografia d’azione e sociale nel formato 6×9 cm.
Fuji ha proposto negli anni vari modelli per la fotografia analogica in formato 6×9 cm: Fujica BL e G con ottiche intercambiabili; Fujica GW e GSW con ottiche fisse. Questa, la Fujica GW 690 Professional è senz’altro la vincitrice fra tutte le fotocamere medio formato 6×9 presenti sul mercato per fare street photography, fotografia storytelling, fotoreportage e fotografia sociale.
Come posso dire questo? Eccolo spiegato qui di seguito in quattro semplici punti.
1. formato 6×9 cm e pellicola in rullo, grandi dimensioni e rapidità di ricarica;
2. inquadratura a mirino galileiano con finestra, rapida, chiara e precisa;
3. messa a fuoco con telemetro incorporato nel mirino, per una rapidità di fuoco e di azione;
4. ottica fissa e corpo in plastica, quindi risparmio di peso dei meccanismi per scambiare gli obiettivi e leggerezza relativa della fotocamera per le sue dimensioni.
Perché questa scelta cade sulla Fujica GW 690 Professional.
La Fujica GW 690 Professional è la fotocamera analogica che offre la miglior definizione possibile abbinata alla maggior manovrabilità possibile fra tutte le fotocamere analogiche a pellicola che siano apparse sul mercato.
Ci riferiamo ad un tipo di fotografia indirizzata verso l’azione, l’istantanea, la fotografia in movimento, la street photography, il fotogiornalismo, il fotoreportage, la fotografia sociale, di persone, di viaggio. Ma anche altro, come il paesaggio, l’architettura.
Ma chi sceglie queste fotocamere lo fa perché vuol viaggiare, fotografare storie di persone e vuol farlo con una grande definizione di immagine.
Pe questo motivo partiamo dal presupposto che vogliamo fotografare con pellicola di medio formato, e scegliamo la misura 6×9 cm. Questo è l’unico postulato che ci diamo: riuscire a tenere la grana della pellicola più fine possibile a qualunque ingrandimento e aumentare il più possibile la definizione e la profondità di contrasto dati dalle lenti dell’obiettivo.
Perché il 6×9?
Perché è un formato rettangolare, cioè presenta un lato lungo e uno corto. Si presta bene ad inquadrare i soggetti nell’orientamento che li valorizza di più.
Un ritratto, ad esempio, sarà valorizzato con una inquadratura verticale. Un paesaggio o una vista panoramica di un luogo o di una scena, sarà invece valorizzata maggiormente da una inquadratura che faciliti la vista panoramica della scena, tagliando via cielo e terra e prendendo più scena possibile da destra a sinistra.
Inoltre il rapporto fra i lati è 2:3, uguale al formato Leica che quasi cent’anni fa dette il via alla fotografia di azione in piccolo formato. Oggi siamo tutti abituati a questo formato, come lo sono stati i nostri antenati nei secoli passati coi quadri fatti nel rapporto aureo di 5/8. Ci siamo abituati e lo comprendiamo facilmente.
Perché non un 6×6 cm, visto che si può riquadrare in fase di stampa?
Perché in primo luogo è difficile capire quanto stare lontani dalla scena da fotografare senza incorrere nel problema che una parte fondamentale dell’immagine cada in una zona del quadrato che poi dovrà essere tagliata via in fase di stampa.
In secondo luogo, anche se riuscissimo in questa impresa, il negativo finale sarebbe un 4,5×6 cm circa, ben più piccolo del nostro 6×9 cm con cui vogliamo iniziare questa avventura. È vero che anche un 4,5×6 è abbastanza grande da permettere dei buoni ingrandimenti, ma noi vogliamo il massimo dettaglio possibile abbinato alla massima manovrabilità possibile.
Perché non direttamente un 4,5×6 cm?
La risposta l’abbiamo già data. Se continuiamo a ridurre il formato negativo, allora perché non usare una Leica e fine della storia? Vogliamo fotografare con un negativo grande, per questo siamo qui.
Una panoramica tecnica sulla Fujica GW 690 Professional. Come è fatta e alcuni dati tecnici
Questa che segue è una sintetica lista di dati tecnici che caratterizzano questa macchina fotografica di medio formato, e alcune semplici spiegazioni:
– Formati pellicola utilizzabili: 120 (si possono fare 8 fotogrammi su un rullo) e 220 (220 = 2 volte 120, si raddoppiano le pose a 16 fotogrammi). Sul corpo macchina c’è il selettore del formato pellicola, con indicato il numero di fotogrammi (4=120, 8=120, 16=220). Il numero 4 indica il numero di fotogrammi che si possono fare su un rullo da 120 nella fotocamera Fujica Panorama G617 – il selettore è uno per tutti i tipi di fotocamere…).
– Leva di carica: avanza due volte, perché il meccanismo non riesce ad avanzare tutta la pellicola in un colpo solo; se non si avanza due volte l’otturatore non si arma.
– Contapose sopra il corpo: si azzera in automatico quando si apre il dorso.
– Contarulli sotto il corpo: Fuji ha inserito questo contarulli, che avanza ogni volta che si inizia un nuovo rullo, per tenere a mente quanti rulli si fanno con un corpo macchina.Arrivati a 1000, l’otturatore andrebbe revisionato. Fuji costruì questa macchina per un uso professionale, perciò c’è questo contarulli incorporato.
– Otturatore: centrale, da 1/500 sec. a 1 sec. più posa T (si apre premendo il bottone di scatto e si richiude attivando la leva di avanzamento pellicola); la ghiera dei tempi è accanto a quella dei diaframmi, sull’obiettivo.
– Aperture: vanno da f/3,5 a f/32 (a f/3,5 la nitidezza nella zona centrale è impressionante!).
– Due bottoni di scatto: uno sopra il corpo, da azionare con l’indice e provvisto di filettatura per lo scatto flessibile, uno sul davanti, più pratico da usare a mano libera. Scegliete voi quale usare.
– Slitta: sopra la macchina, solo porta accessori nel modello I, diventa a contatto caldo dal modello II.
– Paraluce: dedicato e identico per i modelli GW e GSW (90 mm e 65 mm), a baionetta con inserimento esterno (non va sulla filettatura del filtro), con blocco a vite e taglio su un angolo per non oscurare l’inquadratura dal mirino.
– Distanza minima di messa a fuoco: 1 metro (meno non ha senso, per via del difetto di parallasse)
– Diametro filtri: 67 mm (non interferiscono col paraluce, che è a baionetta e si toglie facilmente, senza dover svitare il filtro.
– Peso: 1430 gr., senza rullino, senza cinghia, senza paraluce e senza filtro di protezione sull’obiettivo (il modello III pesa circa 30 grammi in più dei primi due, perché ha una livella a bolla montata sul corpo).
Adesso vi spiego i quattro punti di forza della Fujica GW 690 Professional con cui ho iniziato questo articolo.
Partiamo dal primo punto:
1. formato 6×9 cm e pellicola in rullo, grandi dimensioni e rapidità di ricarica
Se vogliamo fotografare in 6×9 abbiamo una discreta scelta di fotocamere, non solo la Fujica della serie G. Una buona varietà di folding presentano l’accessorio del dorso portarulli. Con questi potete usare una pellicola da 60 mm e fotografare in sequenza, senza dover cambiare lo chassis ad ogni scatto.
Horseman 6×9
Un ottimo esempio è la Horseman 6×9. È una fotocamera a banco ottico, a soffietto, con movimenti sulla standarta porta obiettivo e con possibilità di ottiche intercambiabili.
Il mirino a traguardo
Il mirino è di tipo a traguardo (tra-guardo = guardo tra, attraverso). È fatto da due cornici metalliche. Una piccola, dove si appoggia l’occhio. L’altra più grande, spesso fatta con filo di ferro e somigliante ad una porta da rugby, che sta sopra l’obiettivo. Guardando attraverso le due cornici, l’inquadratura si suppone precisa quando le due cornici si sovrappongono. È un sistema molto empirico e poco pratico.
Messa a fuoco su scala metrica
La messa a fuoco si fa su scala metrica oppure, nei modelli più avanzati, tramite telemetro montato sopra il dorso posteriore. In questo caso c’è una piccola finestrella che fa vedere un punto all’orizzonte, che si sovrappone con la seconda immagine proveniente dall’altra finestra del telemetro. In pratica bisogna mettere a fuoco, poi spostare l’occhio e andare sul traguardo per inquadrare. Inquadratura e mesa a fuoco non sono combinate nello stesso sistema. Molto scomodo da usare.
Inoltre la macchina è molto pesante. Non vorreste mai farci una foto a mano libera, anche se è possibile, visto che un accessorio di questi aggeggi era una impugnatura a forma di maniglia per tenerla con una mano. Vorreste spesso tenerla su un cavalletto.
Ed ecco che qui finisce la nostra voglia di fotografare l’azione, le persone, le storie di vita in movimento. Ma soprattutto muore la nostra voglia di portarla in giro una fotocamera così massiccia per i nostri scopi. È pesante, lenta da usare e stancante. Il vantaggio di avere la pellicola in rulli è sopraffatto dalla lentezza delle operazioni necessarie a farla funzionare.
Esistono altre fotocamere folding a banco ottico come questa, che accettano dorsi per pellicola in rullo, sia da 60 mm che da 70 mm. Sono rare, ma ancora trovabili. Cercate Linhof Technika 6×9 e Graflex 6×9 e vedrete che viene fuori.
Le fotocamere tipo “Press” 6×9
Nella vostra ricerca di fotocamere da 6×9 vi imbatterete anche nelle fotocamere chiamate “Press” 6×9. Sono quelle fotocamere nate per i fotoreporter, per velocizzarne l’uso sul campo ed essere rapidi nel riportare a casa la foto. Cercate Graflex Press 6×9 ed anche Graflex XL, Mamiya Press Universal 6×9.
Questi sono tutti modelli con cui potete cambiare gli obiettivi. Vi accorgerete che sono fotocamere molto grosse, ingombranti e pesanti, poco maneggevoli.
Fotocamere shift per architettura
Silvestri ha proposto, nel passato, un certo numero di fotocamere per fotografia analogica in rullo da 60 mm, nel formato 6×9 cm. Vedrete che sono fotocamere che devono stare su un cavalletto. L’inquadratura va fatta prima di attaccarci il dorso. Non sono disegnate per un uso a mano libera per fotografia d’azione.
Vecchie fotocamere a soffietto 6×9
Voigtlaender, Agfa, Kodak, e tanti altri offrivano regolarmente modelli a soffietto collassabili in formato 6×9. In realtà, prima dell’avvento della Leica, la fotocamera di famiglia per antonomasia era proprio la 6×9 a soffietto, tipo la Voigtlaender Bessa.
Sono modelli certamente leggeri, molto più leggeri di una Fujica GW, specie perché l’obiettivo è molto piccolo, spesso di apertura 4,5 a tre lenti, e con un mirino a traguardo molto piccolo.
I modelli più recenti hanno anche un sistema a telemetro, ma i più operano su scala metrica. Devi indovinare a che distanza sta il tuo soggetto, riportare la misura sull’obiettivo, inquadrare e scattare. Fotografia …d’azione?
Fujica GW 690 Professional, con inquadratura rapida a finestra galileiana, miglior fotocamera per la fotografia d’azione in 6×9 con pellicola in rullo
Ed eccoci al secondo punto:
2. inquadratura a mirino galileiano con finestra, rapida, chiara e precisa
La Fujica GW 690 Professional ha una finestra ottica come la Leica M, posta anch’essa sul lato sinistro superiore del corpo, proprio come la Leica. Guardandola, la Fujica sembra una grossa Leica. Negli USA fu soprannominata “Texas Leica”, proprio perché sembrava una Leica di proporzioni “texane”.
La finestra ottica significa che prevede delle lenti interne per simulare l’effettivo angolo di campo ripreso dall’obiettivo.
La correzione della parallasse
Dentro ci sono le famose cornici che delimitano il campo effettivamente riprodotto sul negativo e queste sono accoppiate alla messa a fuoco. Si spostano verso l’obiettivo quando si focheggia vicino e si allontanano quando si focheggia verso l’infinito. Questa è la famosa correzione della parallasse, quel problema geometrico che impedisce ai sistemi galileiani di essere precisi nelle inquadrature a brevi distanze.
Se volete la massima precisione dell’inquadratura dovrete passare ad un modello TTL (TTL = Through The Lens) ovvero che inquadra usando l’immagine che passa direttamente attraverso l’obiettivo. Rientrano in questa categoria le fotocamere normalmente chiamate SLR, TLR, DSLR e Mirrorless digitali.
Il mirino galileiano è il più rapido fra tutti
Per noi, fotografare con un mirino galileiano non rappresenta una limitazione. Anzi, è un punto a favore della rapidità d’azione.
Innanzitutto la precisione dell’inquadratura è relativa nella fotografia d’azione. Riuscire a prendere tre centimetri di pavimento in più o in meno, da una distanza di tre o quattro metri, è insignificante.
Il momento buio della fotocamera reflex SLR
Invece, il mirino galileiano non risente dell’effetto “buio” che accade con le macchine a specchio reflex, come e SLR a pellicola (Hasselblad, Mamiya, Zenza Bronica, ecc…).
Nei modelli SLR, lo specchio deve salire per permettere alla luce di raggiungere la pellicola al momento dell’esposizione. Quindi, nelle fotocamere SLR, il momento dello scatto è cieco. Non si vede cosa si fotografa. Si vede tutto prima, tutto dopo, ma non il momento in cui l’otturatore apre e chiude e riprende la scena per cui ci stiamo mettendo tutto l’impegno del mondo. Possono succedere cose spiacevoli, dopo che si è sviluppato il rullo, come trovare che il soggetto aveva chiuso gli occhi…
Le biottiche
Con una biottica, vedi una Rolleiflex tipo F e affini, cioè un sistema TLR (TLR = Twin Lens Reflex) non è così. Infatti qui il mirino è l’ottica soprastante, che è reflex, ma con lo specchio fisso. Non si muove mai. La ripresa la fa l’ottica sottostante, per cui il fotografo può seguire il momento dello scatto in modo accurato.
Il mirino galileiano accoppiato al telemetro: una scelta vincente per la massima rapidità.
Qui spieghiamo il terzo punto di questo articolo:
3. messa a fuoco con telemetro incorporato nel mirino, per una rapidità di fuoco e di azione;
Fuji non ha inventato niente, e neanche Oskar Barnack quando costruì la Leica. I mirini galileiani accoppiati al telemetro arrivarono ben oltre il 1929, anno di presentazione della prima Leica. Non so chi fu a proporlo per primo. La prima Leica col telemetro che appare dentro al mirino fu la M3 del 1954. Fuji ripropone questo sistema nelle sue fotocamere Fujica tipo BL e G.
Il sistema è certamente di successo. Mentre si inquadra la scena e si prendono le decisioni relative al soggetto, il centro del mirino fa vedere la finestra del telemetro e l’immagine sdoppiata se il soggetto non è a fuoco. Si possono prendere decisioni rapide per la correzione del fuoco e scattare, sempre tenendo sotto controllo cosa fa il soggetto. Un sistema decisamente rapido.
Non ci siete abituati? Allora esercitatevi e poi ne riparleremo.
Dagli anni 80 in poi, l’industria fotografica ci ha proposto quasi esclusivamente le fotocamere tipo SLR, cioè la classica Nikon F con ottiche intercambiabili. Siamo stati attratti dal sistema SLR perché potevamo controllare lo scatto così come poi appare sul negativo. Ma anche perché potevamo montare un telescopio e vedere attraverso di esso, così come pure un super grandangolo e guardare cosa appariva guardando dentro questa lente strabiliante.
Senza entrare nel merito di quanti di noi abbiano poi effettivamente usato un lungo teleobiettivo o un super grandangolo – certamente ce ne saranno – qui vogliamo concentrarci sulla fotografia d’azione a persone, scene in rapido movimento o cambiamento, scene di vita. Scene dove conta l’attimo. Quell’attimo che fa la differenza fra una foto venuta bene ed una mediocre. Allora un sistema che permette il controllo continuo della scena diventa essenziale.
Questo sistema è il mirino galileiano. Se ci accoppiamo il telemetro, diventa il massimo. Solo un sistema autofocus può dare di più. Questa è la Fujifilm X-Pro …ma questa diventa tutta un’altra storia.
La Fujica GW 690 Professional è leggera e facilmente trasportabile
Ultimo punto a favore della Fujica GW 690: la leggerezza
4. ottica fissa e corpo in plastica, quindi risparmio di peso dei meccanismi per scambiare gli obiettivi e leggerezza relativa della fotocamera per le sue dimensioni.
Ottica fissa, ovvero niente baionette e accoppiamenti meccanici per agganciare l’obiettivo al corpo e fargli funzionare otturatore e diaframma in sincronia col bottone di scatto. Il tutto si traduce in meno meccanismi e maggior leggerezza.
L’ottica non intercambiabile di focale standard è un problema?
La Fujica GW 690 Professional ha una focale fissa da 90 mm, leggermente più ampia del normale per il formato 6×9 cm. Alcuni pensano che questo sia un limite. Ma perché? Ci avete pensato bene?
Che focale serve per la street photography e la fotografia di tipo sociale? Vediamo di rispondere partendo dal passato, con una semplice domanda: cosa vi spinge a fare questo tipo di fotografia?
Forse le fotografie che avete visto fare ai nostri maestri? Come i francesi del movimento umanista, Cartier-Bresson in primis, ma poi anche i suoi colleghi e successive compagnie? Elencate dei nomi, qui e ora. Andate a cercare le fotografie che hanno fatto la storia dello storytelling. Bob Capa? Il bacio di Eisenstaedt? Il bacio di Doisneau?
L’elenco può essere lunghissimo e non finire mai. Tutte le fotografie che hanno fatto la storia sono state riprese con una focale standard…!
La focale standard
Che cos’è una focale standard – detta anche “normale” – si rimanda ad un prossimo articolo. Tanti di voi sanno già che si intende standard quella focale che fa vedere come l’occhio umano. Altri dovranno informarsi per altre vie, per il momento (non possiamo parlare di tutto qui…).
La Fujica GW 690 Professional ha una focale da 90 mm, che è leggermente più ampia della sua focale standard reale che sarebbe da 100 mm. Quindi fa vedere come l’occhio umano e qualcosa in più. Il risultato è che avete fra le mani l’obiettivo che meglio di tutti sa riprendere quello che vedete voi. La fotografia stampata sarà come quella che avete visualizzato nella vostra mente prima di scattare.
Per chi non ha dimestichezza con le focali: la focale standard per il 24×36 mm è 43 mm (non 50!), che equivale a 100 mm per il 6×9. Da qui potete fare le vostre equivalenze.
Non ci sarebbe bisogno di altro, per una buona fotografia storytelling o di street photography. Perché dover cambiare un obiettivo che fa il suo dovere? Fuji decise di togliere la possibilità di cambiare ottica, che c’era nelle sue Fujica BL e Fujica serie G, perché quelle fotocamere erano diventate dei veri e propri “mattoni”, anche se avevano il punto a favore di una serie di ottiche intercambiabili dal 65 mm al 180 mm. Un vantaggio che è morto sotto il peso dei meccanismi necessari per tenere gli obiettivi attaccati al corpo e dei leveraggi per trasmettere i comandi.
Il peso: 1430 grammi che… possono passare inosservati!
A che corrispondono 1430 grammi? Tanto per darvi un’idea:
– Nikon F3, 700 gr
– Nikkor AIS 50 f/1,4, 250 gr
– Nikkor AIS 105 f2,5, 435 gr
Totale = 1385 grammi
Le serie BL e G hanno il corpo in metallo e un otturatore a tendina supplementare che serve a mettere in sicurezza la pellicola mentre si cambiano gli obiettivi. Le serie GW e GSW hanno il corpo in plastica. Molto resistente e molto leggero. Tanti storceranno il naso per dire che il metallo è meglio, ma vi assicuro che la plastica non ha mai tradito nessuno, neanche i più scettici. Sono costruite per durare, per lavorare fra le mani di un professionista, per scattare di continuo. Non a caso nel nome c’è scritto “Professional”. Si risparmiano almeno 300 grammi di peso dalle prime alle seconde. Trecento grammi che fanno una grande differenza.
Fotografare con la Fujica G690
Per apprezzare questa Fujica GW 690 Professional vi consiglio di fare un’uscita un giorno solo con la Fujica G690 e il suo obiettivo standard da 100 mm. Pesa 300 gr in più della GW. Anche se 300 grammi vi sembrano pochi, sono quanto basta per andare dal tanto al troppo. Dopo qualche scatto a mano libera vi sembrerà di aver fatto una sessione di pesi in palestra. Io ce l’ho, la uso e so quel che dico, vi assicuro!
Ecco, vi ho esposto le ragioni per cui ritengo che la Fujica GW 690 Professional sia la miglior scelta possibile per una fotografia in formato 6×9 cm per i soggetti di street photography e storytelling. Adesso sta a voi scegliere di acquistarne una fra i modelli I, II e III, che cambiano veramente di poco l’uno dall’altro.
Gli obiettivi Fujinon EBC ad altissima trasmissibilità ottica
Tutti e tre hanno ottiche tipo EBC, ovvero Electronic Beam Coating, il famoso trattamento antiriflesso di Fuji diventato famoso in tutto il mondo, ad altissima trasmissibilità ottica.
Gli obiettivi di questa focale da 90 mm 1:3,5 sono di comprovata precisione e di eccellente nitidezza, specialmente alle massime aperture. Sono più nitidi del precedente 100 mm della G690 alla massima apertura. Purtroppo lo sfocato è duro, non certo come quello famoso delle lenti Leitz, né come il vecchio 100 mm f/3,5 che è più morbido in tutto (non ha trattamento EBC). Unico neo.
Conclusioni
Tuttavia Fuji non è seconda a nessuno in fatto di obiettivi e questi non sfuggono al confronto. Nella mia opinione sono le migliori lenti giapponesi mai costruite e non c’è un altro costruttore che possa stargli accanto.
Solo i tedeschi di Rodenstock e Schneider gli sono alla pari. Mettetele al confronto con lenti Mamiya, Pentax e Zenza Bronica e poi vedrete chi vince. Io l’ho fatto ed oggi ho quasi tutto il mio parco lenti made by Fuji, anche per il grande formato.
Buone foto a tutti con la Fujica GW 690 Professional!