Questa è la seconda ed ultima parte dell’articolo dedicato a “La camera oscura e la Legge in Italia”, e continua dalla precedente parte 1.
Una volta la camera oscura del fotografo era una semplice stanza ricavata chissà dove, con un tavolo e un ingranditore, un lavello e delle bacinelle, acqua corrente e pacchi di carta fotografica accanto a bottiglie di chimica. Un modo molto artigianale di fare fotografia. Poi i preposti al controllo ambientale iniziarono a proclamare la pericolosità per la salute e per l’ambiente della chimica usata da un secolo e mezzo da tutti i fotografi che in questo arco di tempo si sono succeduti. Certo, il riciclaggio e lo smaltimento della chimica esausta veniva messo in atto da tempo ed era efficace per evitare che essa finisse nel ciclo dell’acqua. Però questo cominciò a non essere più ritenuto sufficiente e vennero promulgate leggi sempre più restrittive sulla manipolazione e la permanenza nei laboratori degli operatori. Vennero introdotti registri e documentazioni, permessi ed autorizzazioni con conseguenti spese di gestione sempre più alte e multe sempre più salate per i contravventori. La vita del fotografo in camera oscura si stava facendo sempre più dura e costosa per rispettare la legge.
Sviluppo carta in bacinella in camera oscuraLa legge oggi dice che “non una goccia di chimica o acqua contaminata deve finire in fogna” o si commette un crimine contro l’ambiente, al pari dei disastri commessi per esempio dalla BP nel Golfo del Messico o di Fukushima…
Una camera oscura oggi deve avere un circuito chiuso per il riciclaggio dell’acqua. Ciò significa un impianto di depurazione da 20.000 euro con speciali filtri in resine per sciacquare la tank, la bacinella, per lavare le stampe, e per miscelare la chimica. Le resine devono essere rigenerate ad ogni ciclo, circa ogni mese o due, a seconda dell’uso, con una spesa di 500-1000 euro a pulizia. L’acqua trattata viene immessa di nuovo nell’impianto.
Inoltre una camera oscura deve avere un ricambio dell’aria forzato e certificato. Certificato significa che si deve pagare un ingegnere per scrivere i dati di estrazione orari da trasmettere all’azienda che costruirà l’apposita enorme ventola per il ricambio dell’aria. Quando un tale aspiratore è in funzione, le tende di chiusura della camera oscura vengono risucchiate all’interno. E non si pensi di poter estrarre l’aria da un punto a piacere del soffitto! Questa va estratta a bordo vasca, per cui ogni vasca deve avere uno speciale attacco per delle canalizzazioni che corrono per tutta la camera oscura, per intercettare i vapori già sulla vasca, che devono per forza essere mortalmente tossici, anche se nessun fotografo se ne era mai accorto in 150 anni di storia…!
E’ tutto? Niente affatto!
Chiunque operi un una camera oscura deve obbligatoriamente indossare una tuta protettiva che deve essere gettata e smaltita ad ogni sessione dentro un bidone esclusivamente dedicato al suo riciclaggio, indossare guanti di lattice da smaltire a fine sessione anche loro dentro un bidone differente dal primo ed esclusivamente dedicato allo smaltimento di guanti in lattice contaminati, indossare occhiali protettivi per tutta la durata delle operazioni di stampa. Inoltre, ogni più piccolo pezzetto di pellicola o carta fotografica deve essere raccolto in uno speciale contenitore, anch’esso esclusivamente dedicato allo smaltimento di carta e pellicola, da inviare allo smaltimento. Non si pensi di poter gettare un pezzetto di pellicola, anche se si tratta di sola plastica, nel cestino dei rifiuti normali. Tali scarti di pellicola o carta fotografica possono contenere argento, che è effettivamente velenoso, e può inquinare il mondo in modo irreversibile (!). State forse pensando agli scappamenti delle automobili? sono da paragonarsi? perché quelle non sembrano così pericolose, visto ci permettono di usarle!. Se pulite il pavimento, lo straccio usato va smaltito dentro il bidone degli indumenti. Inoltre dovete riciclare la chimica esausta e separare fissaggi da altre soluzioni. Le lampade bruciate degli ingranditori in un bidone a parte, le bottiglie vuote della chimica in un altro bidone a parte. Insomma, dovete avere un ampio locale soltanto per stoccare contenitori diversi per: fissaggio esausto, altra chimica esausta, bottiglie di chimica, indumenti, carta e pellicola, lampade bruciate, guanti. Ah, ci vogliono i bidoni appositi, non vanno mica bene le scatole di cartone!
Allora, è tutto adesso? Abbiate pazienza...
Tutta quella roba da smaltire va scritta per bene in un apposito registro che deve essere vidimato e registrato dalle Autorità e non è consentito sbagliarsi né sul peso, né sulle qualità dei rifiuti da smaltire, o son multe! La Legge dice che nel preciso momento della produzione del materiale esausto, questo va scritto nel registro. Capite? Non la sera prima di chiudere bottega, ma ‘nel momento stesso’! Ma come si fa a lavorare in questo modo? Inoltre, siete responsabili per smaltire almeno una volta l’anno il vostro stock di materiali esausti. Ovvero, che abbiate riempito o no il bidone delle lampadine bruciate, dovete per forza pagare una ditta che ve lo venga a prendere almeno una volta all’anno! Dovete quindi scegliere un’azienda che si occupi di riciclare o smaltire i vostri prodotti tossici, dei quali, tuttavia, voi e solo voi siete considerati responsabili di come vengono trattati nell’azienda di smaltimento che avete scelto! Se questa decide di andare a riversare il vostro sviluppo esausto nel fiume, voi ne rispondete in solido! Infine, avete un locale apposito da dedicare allo stoccaggio della chimica vergine, che sia rivestito in metallo, a prova di incendio, chiuso a chiave? Se non l’avete siete fuorilegge!
Chiude l’elenco delle assurdità la lista dei cartelli di sicurezza che devono essere attaccati dovunque, per ripetere cose ovvie come “non versare in fogna la chimica”, oppure ‘accendere l’impianto di ventilazione’, o ‘veleni, non bere’, ecc…
Questo è davvero tutto.
Io davvero non riesco a capire perché qui da noi, in Italia, le cose siano gestite in modo così assurdo. All’estero, nel momento in cui scrivo, è tutt’altra cosa. Là si permette alla gente di vivere usando il buon senso. Che danno posso provocare all’ambiente se lavo il mio grembiale in lavatrice dove c’era schizzata una goccia di fissaggio, se poi sono autorizzato a lavare panni con detersivo biodegradabile soltanto al 90%? Tutti noi comprendiamo che l’ambiente vada salvaguardato, anche se davvero non capisco l’accanimento contro chi getta un pezzetto di carta fotografica nel cestino sbagliato, poiché si tratta di multe salatissime e intolleranti che non trovano una giustificazione se si pensa che mentre scrivo, quasi ogni abitante del pianeta intero usa un motore a scoppio che brucia derivati del petrolio ed è considerato perfettamente legale!
Camera oscura con sviluppatrice automatica per carta Thermaphot ACP 505 e ingranditore IFF DuogonMa c’è una luce alla fine del tunnel. Ebbene sì, da privati tutte queste regole non valgono più! Vale solo il buonsenso di non versare la chimica esausta in fogna. Sembra che la Legge sia applicata per obbligare noi i fotografi a non usare più la chimica. Che c’entrino qualcosa giganti della fotografia digitale come Nikon e Canon, dopo la capitolazione di ex giganti della fotografia chimica come Kodak e Agfa? Lascio la domanda aperta a commenti…
Quindi siate prudenti se state per mettere su una camera oscura, anche se vi invito caldamente a farlo. E’ tutt’ora una esperienza bellissima che non vorrei smettere mai!
Grazie per la corretta sintesi nell’articolo che vede la burocrazia contro la passione ed il lavoro.
E’ un punto di vista interessante perchè è quello di un fotografo-stampatore.
La legge in questi casi NON migliora l’attenzione alla cura dell’ambiente, ma rappresenta un vero e proprio divieto ad operare secondo certi metodi.
Sembra effettivamente una legge imposta per interesse di terzi, altro senso non ha.
Appoggio e quoto l’invito di Michele Pero di vivere l’esperienza della camera oscura, una sperimentazione necessaria alla crescita di ogni fotografo, un momento straordinario che cambia completamente il modo di concepire la fotografia.
La capacità di crescere culturalmente e tecnicamente, non è mai subordinata a convenienza o a tecnologie di ultima generazione. Questo almeno per il fotografo che ci vede…
Adesso accendo anch’io la luce di sicurezza…
Un saluto
Davide Rossi
http://www.atelierdellafotografia.it