La prima fotografia della storia non è quella di Niépce
Non credo che Niépce sia stato il primo realizzatore della prima fotografia della storia. Neanche credo che l’abbia “inventata” o “scoperta” lui. Ritengo che le cose siano andate diversamente da come ce le hanno raccontate.
Il mio scetticismo nei confronti della Storia ufficiale della Fotografia è radicale. Ho sempre avuto una riserva quando dovevo ripetere a pappagallo ai miei studenti quello che leggevo nei libri di Storia ufficiali. Niépce sarebbe l’inventore della fotografia e la prima foto della Storia era la sua “Vista dalla finestra di le Gras” (Point de vue du Gras – View from the Study Window at Maison du Gras).
Mentre ripetevo le assurdità che leggevo nei libri, cresceva la mia voglia di sapere cosa c’era dietro. Perché solo un disattento può credere a quello che c’è scritto nei testi ufficiali [1][3]. Chiunque altro ha il dovere di mettere in discussione l’ufficialità che ci viene propinata e, con senso critico, cercare di capire cosa c’è dietro.
Partiamo dalla storia ufficiale. Cerchiamo di analizzarla come farebbe un investigatore. Poniamoci delle domande semplici. Vedremo che le risposte non ci sono. Almeno in quei libri di storia “ufficiali”.
I protagonisti principali
- Joseph Nicéphore Niépce, francese;
- Louis Daguerre, francese;
- Hippolyte Bayard, francese;
- William Henry Fox-Talbot, inglese;
- Antoine Florence, francese ma brasiliano d’adozione;
Assieme a questi tante altre figure meno note cominciano, nello stesso periodo di inizio secolo XIX, a ricercare una via chimica alla produzione di immagini tramite camera obscura.
Fin qui è storia che potete leggere dovunque. Nella tavola che segue ci sono le date di presentazione delle loro scoperte, così come le chiamarono:
Come si può cercare qualcosa che non si conosce?
Mi sono chiesto: ma come gli è venuto in mente a così tanta gente, nello stesso periodo, tutti assieme, di mettersi ad “inventare” qualcosa che nessuno conosceva fino ad allora?
Se qualcosa non è stata ancora inventata, è plausibile che venga in mente ad una persona. Ma questo può accadere simultaneamente a quattro, cinque, sei o più persone, residenti in Paesi diversi e distanti fra loro? E nello stesso periodo storico?
Tutto ciò mi lascia parecchi dubbi sulla veridicità della parola “invenzione” che viene usata in tutti i libri di Storia.
La prima fotografia di Niépce è impossibile (per come ce l’hanno raccontata)
La prima immagine chimica della Storia, quella di Niépce, deve essere un falso storico. La fisica ci impone questa affermazione. Vediamo perché.
Niépce dovrebbe aver prodotto la sua “Vista dalla finestra di le Gras” fra il 1824 e il 1826. Intanto, nessuno lo sa di preciso. Strano.
Invece gli storici sono certissimi che questa immagine fu esposta per otto ore sotto il sole. Dopo questa affermazione dovremmo rivedere tutte le nostre nozioni di astrofisica. Perché quel giorno il sole si dovette fermare per otto ore, davanti alla finestra di Le Gras, in modo da far vedere chiaramente le ombre sotto i tetti.
O forse Niépce conosceva Photoshop, e allora dobbiamo riscrivere un’altra storia. Come la si metta, le ombre sotto i tetti si vedono chiaramente, e in otto ore il Sole va da una parte all’altra dell’orizzonte, pennellando la luce in tutte le direzioni. Non c’è modo di vedere un’ombra netta dopo otto ore di movimento. Anche questa affermazione ufficiale non la credo possibile.
Eppure i Signori Autorevoli che scrivono la Storia e quelli che la insegnano sono tutti concordi che sia andata così. Mi domando: ma dov’è finito il senso critico?
Niépce assassinato da Daguerre?
Sorvolo sulla morte di Niépce perché non ho sufficienti dati per parlarne. Invito tuttavia chi sia interessato ad approfondire questo fatto di andarsi a cercare le notizie che parlano di un probabile omicidio commesso da Daguerre a suo danno. Louis-Jacques-Mandé Daguerre era socio di Niépce. I due stavano ricercando sistemi chimici per registrare immagini con la luce.
La “heliographie” (eliografia) di Niépce
La “heliographie” (eliografia) di Niépce era un sistema alquanto rozzo per gli scopi che i due soci, Niépce e Daguerre, si prefiggevano.
Si trattava di utilizzare una tavoletta di legno spalmata di bitume di Giudea, una sorta di bitume (catrame) che aveva le proprietà di diventare duro sotto l’azione della luce. La restante parte rimasta morbida poteva essere lavata via con olio di lavanda. L’immagine così ottenuta era talmente rozza che era necessaria una buona dose di immaginazione per capire cosa era stato fotografato (vedi prima foto dell’articolo).
La ricerca di altre sostanze chimiche
Altre formule erano al banco di prova. Daguerre lavorava al suo “daguerrotype” (daguerrotipo o dagherrotipo, immagine su lastra d’argento). Con la morte del socio, beneficiò così da solo del suo nuovo procedimento. Con la sua commercializzazione divenne ricchissimo. Ottenne addirittura un vitalizio dal governo francese per meriti artistici riconosciuti. Non ebbe più problemi fino alla sua morte, e con lui i suoi eredi. Questi sono fatti che mi fanno pensare.
Florence conia la parola “photographie” cioè disegno con la luce
Intanto arriva la parola “photographie” (fotografia, cioè disegnare con la luce) e si scatena la guerra fra chi abbia inventato prima questa arte.
La parola “photographie” fu coniata per la prima volta nel 1834 da Antoine Hercule Romuald Florence, come si legge sul libro di Boris Kossoy “Hercule Florence, a descoberta isolada da fotografia no Brasil”, Edusp, 2006 (Hercule Florence, una scoperta isolata della fotografia in Brasile) [4].
Florence era francese ma viveva in Brasile. Nei primi anni ’30 del 1800 Florence esegue esperimenti chimici e scopre le proprietà del nitrato d’argento come reagente che annerisce sotto l’‘azione della luce.
Il procedimento fotografico di Antoine Florence, la “polygraphie”
La sua invenzione comportava la stesura di una soluzione di nitrato d’argento su un foglio di carta. Il nitrato d’argento ha la proprietà di annerire direttamente sotto l’azione della luce. Pertanto aveva inventato un sistema auto sviluppante. Come il foglio usciva dalla camera obscura, cioè dopo l’esposizione, l’immagine cominciava ad apparire ed era molto ben definita, seppure la trama del supporto cartaceo ne nascondesse i dettagli più sottili.
Descrive la sua prima “polygraphie” nel 1833. Sul suo diario annota per la prima volta la parola “photographie” nel 1834. [5]
Sir John Herschel conia la parola “photography”, ma in ritardo
Florence viene a conoscenza delle presentazioni pubbliche all’Académie Des Sciences de France del daguerrotipo nel 1839. Nello stesso anno Sir John Herschel usa la parola “photography” davanti alla Royal Society of London. Allora Florence si affretta a scrivere alla stessa Académie Des Sciences de France che invece lui stesso aveva inventato per primo un processo chimico ai sali d’argento e coniato la parola “photographie” [2].
Ma nessuno gli risponderà mai. La sua lettera cadrà nell’oblio. Interessi di parte?
Un complotto di parte per favorire Louis Daguerre?
I francesi, per mano di Françoise Arago, complottano [3] [4] per favorire Louis Daguerre e la sua invenzione contro altre proposte.
Il sistema di Daguerre consisteva in una lastra d’argento sensibilizzata ai vapori di iodio, che, dopo l’esposizione in camera obscura, veniva sviluppata con vapori di mercurio. L’immagine su lastra metallica era la più bella fra i sistemi dell’epoca. Produceva una ricchezza di dettaglio insuperabile e riscosse un enorme successo di pubblico.
Addirittura anche Bayard viene tagliato fuori, tant’è che realizza la sua famosissima immagine “en mort”, 1840, dove si autoritrae suicida come provocazione contro l’essere ignorato dall’Accademia. Ha più fortuna William Henri Fox Talbot, che, da inglese, non poteva esser fermato dalle barricate dei francesi.
Il positivo-negativo di William Henri Fox Talbot
William Henry Fox-Talbot era inglese. Per sua fortuna la sua Nazione e la Corona avevano tutto l’interesse ad accaparrarsi un posto nella storia, Così ebbe modo di presentare la sua scoperta alla Royal Society of London nel 1839.
Fox-Talbot scelse la via del cloruro d’argento. Questo, spalmato su un foglio di carta, doveva essere sviluppato dopo l’esposizione, ma dava origine ad un negativo ristampabile per contatto che a sua volta dava origine ad un positivo (la stampa finale).
L’immagine era poco dettagliata, per via della trama della carta che veniva impressionata assieme all’immagine. Questa nascondeva in parte i particolari più minuti ripresi dall’obiettivo.
La Storia gli darà ragione più tardi, perché il suo processo positivo/negativo e le emulsioni agli alogenuri d’argento (cloruro, bromuro, ioduro, nitrato) diventeranno il fondamento su cui la Fotografia si svilupperà per un secolo e mezzo a seguire.
Il “calotype”, o “talbotype” (calotipo), ovvero il processo positivo/negativo venne presentato al pubblico forse un po’ troppo di corsa. Non era perfezionato. Ma Fox-Talbot non poteva attendere, o Daguerre avrebbe avuto il totale monopolio dell’invenzione della fotografia chimica.
Gli inglesi, per premiare il benemerito concittadino e contrastare il dominio francese sulla novità, insigniscono William Henri Fox-Talbot del titolo di Sir.
Tuttavia è il daguerrotipo a diventare famoso. Era nitido, durevole, tascabile, piacevole. Con questo Daguerre diventerà ricchissimo.
Il calotipo e i quotidiani
Il calotipo viene relegato ad un uso professionale e fotogiornalistico. Non è più bello di un dipinto, quindi perché comprarne uno da appendere in casa? Ma per le sue caratteristiche di poter esser ristampato in copie uguali più volte e data la sua facilità di trasporto (si trasportava carta, non lastre di argento o di ferro) si rivelò utile per documentare fatti di cronaca sui quotidiani del tempo.
Tant’è che Roger Fenton lo scelse per fotografare la campagna di Crimea dell‘esercito di Sua Maestà. Le foto potevano essere stampate sui giornali. Questo fu il primo uso fotogiornalistico nella storia della fotografia.
Quattro persone distanti avrebbero inventato la stessa cosa nello stesso momento?
Fin qui è storia documentata. Eppure, discostando un momento gli occhi dai libri, riuscite davvero a credere che quattro persone possano inventare la stessa cosa nello stesso momento? E assieme a loro decine di altri studiosi che ricercano la via chimica alla registrazione della luce, come Bayard e molti altri, tutti nello stesso periodo storico?
Io no. La logica ci dice che deve esserci dell’altro. Qualcosa che sia stato scoperto già prima che i nostri studiosi si mettessero all’opera. Una conoscenza precedente, più antica.
Un’opera sconosciuta giunta dal passato
Immaginiamo per un momento un’opera incompleta giunta dal passato, che abbia scatenato la fantasia. Ne sarebbe nata quella che io chiamo “la corsa alla fotografia”. Cioè la corsa a provare mille sostanze diverse fino a trovare quella usata per la realizzazione di quell’opera fantastica.
Nel 1797 accade un fatto importante, mai descritto in nessun libro di storia della fotografia. Giovanni Battista Venturi pubblica uno studio di decifrazione che lui stesso effettua su uno dei codici di Leonardo da Vinci, il suo “Essai sur les ouvrages physico-mathématiques de Léonard de Vinci” (Parigi, 1797). Qui Venturi decifra tutti gli studi che Leonardo fece nel campo dell’ottica usando la sua camera obscura a Vinci.
Leonardo era molto attivo nello studio della camera obscura. Durante i suoi anni di studio disegnò qualcosa come 270 diagrammi del funzionamento della camera oscura.
Non solo, egli sperimentò l’uso di aperture differenti e di forme geometriche del foro diverse dal cerchio. Nei suoi appunti Leonardo studia aperture relative di 1, 2, 3, 4, 8, 16, 24, 28 e 32. Nei suoi studi di anatomia paragonò il funzionamento dell’occhio a quello della camera oscura. Lavorò assiduamente a dimostrare i principi base della nascente scienza ottica, come l’attitudine delle immagini ad essere invertite sotto-sopra e destra sinistra quando passano per il foro stenopeico, come anche per la pupilla. [6]
Qualcuno dei nostri amici di inizio ‘800 deve aver carpito anche di più… Che Leonardo abbia lasciato dietro di se una “fotografia”?
Immaginazione? Una cosa è certa: non si può credere alle assurdità che oggi ancora vengono avvalorate da musei, libri di storia e giornalisti vari in tutto il mondo sulla nascita della fotografia.
Nel prossimo articolo su Leonardo da Vinci, esporrò la mia tesi sull’invenzione della fotografia. A mio parere è da attribuirsi proprio al Genio del Rinascimento che sarebbe così stato il primo fotografo della Storia.
Bibliografia e riferimenti
[1] History of photography, Wikipedia, the free encyclopedia – First photograph, Harry Ransom Center, The University of Texas at Austin – Fotografia, Enciclopedia Treccani
[2] Light Writing in the Tropics: The Story of Hercule Florence, by Natalia Brizuela
[3] Daguerre and the invention of Photography, The Metropolitan Museum of Art, New York
[4] Boris Kossoy “Hercule Florence, a descoberta isolada da fotografia no Brasil”, Edusp, 2006
[5] Enciclopédia Itaù Cultural
[6] Leonardo studies
buongiorno sig Pero
sono rimasto piacevolmente colpito dal suo articolo, ammetto che mentre le scrivo sto per fare delle lezioni ad alcune persone over 50 sulla fotografia e sulla storia di essa basandomi su libri della national geographic ma avrei voglia di gettare tutto ciò che ho scritto dopo aver letto il suo articolo. e molto interessante ed arguta la sua riflessione ed in effetti è molto plausibile. Ad oggi i libri di storia riportano la scoperta dell’ america a colombo 1892 quando invece molte recenti scoperte ne indicano la scoperta 100 anni prima ad opera dei vikinghi quindi la sua tesi e molto interessante. Attendo il suo prossimo articolo su leonardo.
Saluti
Giammarinaro Marco – fotografo sperimentatore
Salve signor Marco,
sono felice di sapere che le sono venuti dei dubbi. In effetti la Storia si sa, è scritta da “chi vince” e il perdente non ha nessuna possibilità di rettificare i testi. Tutto sta a noi, i posteri, analizzare con senso critico quanto ci viene proposto e magari, chissà, scoprire anche i possibili motivi di tanto occultamento. La testata che lei cita non ha fatto altro che avallare quanto la Storia dei suddetti gli ha comunicato. Senza voler indagare oltre… Colombo ne è un’altra prova.
Ho interrotto le mie pubblicazioni su questo sito e ho in cantiere un saggio esaustivo proprio su questo argomento. Se mi da il suo consenso la inserirei nella mia mailing list (sei email all’anno, circa) così sarebbe informato sulle mie prossime pubblicazioni. Oppure può seguirmi sulla mia pagina Facebook Michele Pero Photography. In ogni caso, la ringrazio per l’interesse al mio articolo. Buone cose.
Davvero si può affermare che la fotografia è un fantasma dell’anima ? un’impressione in dissolvenza del passato-presente ?