La reciprocità della coppia tempo diaframma e la sua applicazione nella fotografia quotidiana
In questo articolo affrontiamo l’uso della reciprocità della coppia tempo diaframma applicandolo alla regola del 16. Vedremo come si riesca ad esporre più velocemente calcolando la reciprocità che usare un esposimetro.
Dopo questo primo approccio può sembrare che la Regola del 16 costringa ad usare sempre lo stesso tempo di scatto. Non è così. Per fortuna l’esposizione fotografica gode della reciprocità matematica. I numeri ISO, i tempi e i numeri F dei diaframmi rappresentano il doppio o la metà dell’esposizione del loro numero precedente o successivo.
Alcuni esempi per lavorare con la reciprocità tempo diaframma
Ad esempio, in un giorno di sole brillante con pellicola da 125 ISO, si parte con 1/125sec sulla ghiera dei tempi e f16 sull’obiettivo. Per la legge della reciprocità possiamo cambiare uno dei valori bilanciandolo con un altro affinché l’esposizione rimanga la stessa. Nell’esempio, 1/125sec a f16 equivale ad 1/60sec a f22 oppure ad 1/250sec a f11. Per mantenere la stessa esposizione chiudendo uno stop nei tempi, dobbiamo aprire uno stop nei diaframmi, e viceversa. Questo è quello che è chiamato reciprocità tempo diaframma, oppure coppia tempo diaframma. Il sistema funziona come se fosse una bilancia: un cambiamento in una delle variabili deve essere compensato con un cambiamento in un’altra variabile.
Se invece di un giorno con sole brillante abbiamo un giorno di sole velato, non necessariamente dobbiamo impostare il diaframma 11. Possiamo mantenere f16 se ne abbiamo voglia. Si tratta dunque di recuperare uno stop che viene a mancare aumentando il tempo a 1/60.
Finché ci sono tempi e diaframmi sulla nostra machina fotografica, possiamo bilanciare la coppia a piacere, per dare la priorità, a scelta, alla profondità di campo o al mosso controllato.
La condizione di luce di f/1 e la necessaria reciprocità da calcolare
Ne è un tipico esempio la condizione di f1. Quanti di noi possiedono un obiettivo che apre fino ad f1? Ma non per questo non possiamo scattare nella condizione che la Regola chiama f1.
Così se il nostro obiettivo può aprire, ad esempio, non oltre f2, dobbiamo recuperare due stop sul tempo (due stop sono la differenza fra f1 e f2). Il calcolo della reciprocità tempo diaframma ci viene in aiuto e così possiamo compensare quello che manca sul diaframma.
Se la pellicola di partenza è una 500 ISO (usata a 500 ISO dal fotografo) invece di scattare a 1/500 metteremo il tempo di 1/125. A tutta apertura, con quel tempo di otturazione, stiamo fotografando per la condizione da f1. Il gioco è fatto.
E’ necessario allenarsi per imparare a giocare con la reciprocità delle coppie tempo diaframma. Si lavora meglio con le macchine meccaniche a impostazione tradizionale, quelle con la ghiera dei tempi sul corpo e la ghiera dei diaframmi sull’obiettivo. Questi modelli sono il massimo per chi ama la semplicità. Con un’occhiata è possibile tenere sotto controllo la scala dei tempi e quella delle aperture per prendere decisioni rapide.
Le macchine moderne, quelle con i display che mostrano tanti numeri tutti assieme, sono più lente per questo modo di pensare la fotografia. Con le macchine moderne è necessario premere dei bottoni, entrare nel giusto menù, cercare i numeri giusti che possono essere verso destra o verso sinistra. Non si sa mai da che parte muovere il cursore quando serve.
Regola del 16: come gestire le luci particolari
La regola del 16 è definita per luce FRONTALE (frontale al soggetto, alle spalle del fotografo). Nelle situazioni in esterni è implicito che il sole sia ad una angolazione di 45 gradi nel cielo. Questo accade di solito da metà primavera a metà autunno. In inverno è meglio aprire sempre di mezzo stop per compensare la minore incidenza del sole nel cielo.
Molto spesso si incontrano situazioni particolari dove la luce e l’illuminazione non sono proprio quelle standard definite dalla regola. I casi seguenti rappresentano queste situazioni critiche e le necessarie correzioni da apportare all’esposizione.
- Bracketing o esposizione a forcella: quando non siamo sicuri di fare l’esposizione giusta, è bene scattare anche una foto in sovraesposizione (con un diaframma più aperto) ed una in sottoesposizione (con un diaframma più chiuso) in modo da essere abbastanza sicuri di riportare almeno un negativo buono su tre. In molti casi si ha soltanto il dubbio di sottoesporre. In queste situazioni non è necessario fare il bracketing in sovra e sotto esposizione ma è sufficiente farlo soltanto in sovraesposizione.
- Scatti notturni: non scattare di notte, scatta all’imbrunire. Aspetta per circa 20-30 minuti dopo il calare del sole, quando il tuo soggetto ed il cielo sono della stessa tonalità di grigio. Evita di avere molta differenza di luminosità tra i due. Usa f2 come punto di partenza. Esponi a forcella: fai uno-due-tre stop di sotto esposizione e sovra esposizione.
- La luna: lasciala agli astronomi, si muove troppo veloce nel cielo. Se proprio vuoi provarci scatta con 100 ISO ad 1/125sec a f4-5.6-8
- Scene nei boschi: o dove ci sono molte luci ed ombre, scatta come con cielo coperto o molto coperto, da f2.8 a f5.6.
- Luce laterale: Accade spesso. Da anche risultati molto migliori di quando la luce è alle spalle del fotografo. Crea piacevoli ombre sul soggetto che ne disegnano la tridimensionalità. Va aperto uno o due stop in più. Prendi delle decisioni in base alla tonalità del soggetto: con soggetti chiari uno stop in più sarà sufficiente, con soggetti scuri due stop saranno necessari. Col tempo ti farai l’esperienza per poter decidere al primo colpo.
- Controluce: Ci sono solo due motivi per cui si scatta in controluce: uno è per fare la silhouette del soggetto e l’altro è per bruciare lo sfondo. Per la silhouette: scattare come se si stesse scattando in direzione opposta (come per luce alle spalle). Per lo sfondo bianco: scattare per f5,6 o per f4 (bracketing). Stai attento a che il tuo obiettivo sia perfettamente pulito: la luce si può diffrangere sulla polvere creando bruttissimi effetti sulla pellicola.
Considerazioni finali
La regola del 16 è stato il primo mezzo per esporre adottato in fotografia, sin dai suoi albori. Oggi ci sono gli esposimetri per fare lo stesso lavoro, in modo più preciso. Tuttavia chi comincia a studiare la fotografia deve necessariamente comprendere la luce, la sua quantità e la direzionalità. Iniziando lo studio della luce con l’esposimetro si rischia di non arrivare a comprendere queste importantissime basi. La regola del 16 ci obbliga a pensare la luce. Una esposizione sbagliata dipende da noi e non da una fotocellula o dall’uso che se ne è fatto. Capire la regola del 16 significa capire i rapporti di contrasto fra zone illuminate e zone d’ombra.
Con la Regola del 16 non faremo più l’errore di esporre luci ed ombre tutte assieme. Farne una media aritmetica è sbagliato. È quello che fa l’esposimetro a lettura riflessa…
La regola del 16 apre le porte all’estetica della luce. Capire cosa accade nell’ombra e cosa invece accade nella zona illuminata fa parte dello scrivere con la luce. E poi è sempre bene sapere cosa fare se non si può usare l’esposimetro. Un’ottica meccanica su una fotocamera digitale impedisce il funzionamento dell’esposimetro ma non per questo si deve rinunciare a fare la foto con l’obiettivo dei nostri sogni.
La mia esperienza: giocare con la reciprocità tempo diaframma ogni giorno
Con buone condizioni di tempo, personalmente uso pellicole da 125 ISO. Di solito tengo 1/60sec sul tempo quando scatto panorami o scene cittadine, e poi gioco col diaframma a seconda delle condizioni del cielo. Con un giorno di sole brillante, quello della regola del 16, la giusta coppia tempo diaframma è 1/60sec a f22. Con questa impostazione ho una eccellente profondità di campo che mi permette di lavorare in iperfocale. Non ho neanche bisogno di mettere a fuoco. Sono più rapido di quelli con le Canon autofocus!
Quando c’è bisogno di rapidità, oppure con tempo molto brutto o per scattare in interni, uso una pellicola da 400 a 500 ISO. Voglio dire che la base di partenza sulla macchina per me è 500 ISO. La uso come se fosse una 500 ISO e la svilupperò di conseguenza. Questo vuol dire che i miei calcoli partono da 1/500. Applicando le leggi della reciprocità tempo diaframma, posso scendere a 1/60, guadagnando 3 stop, e ho ancora il diaframma da aprire. Questa sensibilità mi permette di scattare in interni con tempi lunghi ma ancora affidabili, se si sa stare fermi, e ottenere buone foto in condizioni di luce scarsa. Ad esempio, in interni posso scattare con 1/15-1/8 a f2. Usando la giusta tecnica di ripresa per evitare il mosso, posso avere delle ottime esposizioni.
Il ritratto di Lush Gjergji e il calcolo della reciprocità tempo diaframma
Quando mi trovai a fotografare Lush Gjergji, il biografo di Madre Teresa di Calcutta, nella sua chiesa in Kosovo, mi si presentò il problema di riprendere sia lui che gli affreschi nello sfondo della sua chiesa in modo nitido.
Avevo bisogno di una discreta profondità di campo. La luce era già scarsa, perché eravamo vicini al tramonto e il cielo era pure nuvoloso. Le ampie vetrate della chiesa facevano passare ancora un po’ di luce, ma poca. La situazione di illuminazione era da f2,8. L’apertura massima del mio Nikkor 20 mm era proprio f/2,8. Tuttavia insufficiente a riprendere lui e gli affreschi, per via della distanza.
Allora ricalcolai il tempo per un nuovo diaframma. Scelsi f/11. Sarebbero stati 4 stop in meno. Il tempo a f/2,8 sarebbe dovuto essere 1/60 sec., per via della pellicola da 50 ISO (una Fujichrome Velvia). Quindi la legge della reciprocità tempo diaframma mi indicava che il nuovo tempo di scatto doveva essere 1/4 sec.
Un tempo molto lento, con cui avrei rischiato un mosso sicuro. Invece mi sedetti davanti a lui. Un’altra sedia sotto i miei gomiti. La macchina in verticale, ben appoggiata sul palmo della mano. Il pollice a scattare. Espirai e scattai. Una, due, tre scatti. La foto fu pubblicata, ed è questa qui.
Tre variabili soltanto con cui lavorare
Anche senza conoscere già la regola a memoria, avete notato quante variabili dovete tenere presente per scattare questa foto? Tre.
Non ci sono monitor da guardare, bottoni da premere, menù e sotto-menù da navigare. Non si sono “led” o luci rosse da tenere sotto controllo. L’occhio può stare fisso sul soggetto, pronto a cogliere la foto. Sulla macchina ci sono solo due cose da impostare: tempi e diaframmi. La terza va tenuta a mente. Ignorate i display o le ghiere che vi chiedono di impostare il numero ISO. Quelli servono solo per l’esposimetro.
Con la Regola del 16 sarete voi a fare la foto, non la macchina fotografica. Non saranno i sistemi multipoint della Nikon o della Canon che vi permetteranno di avere un numero maggiore di scatti buoni. Sarete voi e voi soltanto che con la vostra attenzione alla luce dei vostri soggetti riuscirete ad ottenere quello che vorrete.
L’atto del fotografare sta cambiando
Devo dire che mi disgusta la dichiarazione di Phil Schiller, Senior VP Marketing di Apple, durante la presentazione dell’iPhone 5S:
“It used to be the way you take better pictures is you learn to be a better photographer. You get bigger cameras, bigger lenses, you learn about all the techniques of light meters and gels and filters, and you can spend your lifetime learning how to take advantage of this and make it work for you. For the people who want do that, that’s great. For most of us, we just want to take a picture, and have the iPhone take a better picture for us.” – (46° minuto, Apple Special Event – September 10, 2013)
Egli afferma che non ci serve più studiare la fotografia per fare buone foto. L’iPhone sa fare tutto, lo sa fare meglio e a noi non resta più altro che scattare. Cioè? Mi sta dicendo che il compito di fare la foto sta tutto ad Apple? E a me che rimane? Che soddisfazione mi può dare il solo click senza sapere cosa sto facendo? No, grazie.
Tornare ad essere padroni della propria arte
Il mio articolo si rivolge a quelli che hanno piacere nel fare foto e nel guardare i risultati. Parlo a quelli che vogliono tornare ad essere padroni della propria arte e non semplici esecutori di meccanismi o di applicazioni elettroniche. Io voglio sapere tutto di quello che sto facendo. Voglio avere il totale controllo della mia fotografia. Non voglio dover comprare un iPhone per farla più bella. Non ce n’è bisogno, in realtà.
Chiudo con una celebre frase del Maestro Henri Cartier-Bresson:
“E’ attraverso un’economia di mezzi e soprattutto l’abnegazione di sé che si raggiunge la semplicità espressiva.” (Henri Cartier-Bresson Fotografo, Edizioni Alinari Idea)
Spero di esser stato d’aiuto a tutti gli appassionati di fotografia che vogliono essere anche protagonisti di quello che fanno.
Buona luce a tutti.
Copyright foto e testi © Michele Pero – Tutti i diritti riservati
Grazie per il prezioso articolo.
Daniele
Grazie mille Michele. Preziosissimo e indispensabile.
Gilberto
Dopo diversi anni di Fotografia analogica e poi tanti di fotografia digitale, ritorno alla ricerca del gusto di far “vera” Fotografia. Inseguire la soddisfazione ripassando i giusti modi è quanto ho ricominciato a fare per riconquistare la padronanza. Grazie per aver divulgato questi due interessanti articoli sull’esposizione. Complimenti e cordiali saluti.