La stesura del collodio sulla lastra, terzo capitolo della Guida al collodio umido.
Il collodio “salato”, ovvero pronto con i sali alogeni, ha ora preso il nome della formula che abbiamo usato per prepararlo. Parliamo ad esempio del classicissimo Poe Boy, dell’Old Workhorse di John Coffer, dell New Guy Formula di Quinn Jacobson, dei vari Landscape di Carey Lea, e così via (vedremo queste e altre formule più avanti).
Ora siamo pronti per la stesura del collodio sulla lastra. Questa operazione può avvenire in piena luce, ma siate pronti ad entrare in camera oscura per il bagno di argentatura prima che il collodio secchi. In estate ci mette pochissimo, meglio evitare il sole diretto sulla lastra.
La stesura del collodio sulla lastra
Il movimento di stesura del collodio è molto particolare e va imparato col tempo. Si tratta di versare una certa quantità di collodio dalla bottiglia sul centro della lastra. Il collodio va fatto scorrere sulla lastra in modo che arrivi a coprire tutti e quattro gli angoli. L’eccesso va rimesso in bottiglia.
Ci sono due tecniche per tenere la lastra in modo da permetterci di controllare il suo basculaggio e quindi lo scorrimento regolare del collodio.
La tecnica dell’angolo
Una è la tecnica dell’angolo. Si tiene la lastra per un angolo, appoggiando il polpastrello del pollice sul bordo superiore, mentre le altre quattro dita stanno a contrasto di sotto, coi polpastrelli che reggono la lastra.
La tecnica del vassoio
L’altra è la tecnica del vassoio, più comune. Si deve tenere la lastra dal di sotto sulla punta delle cinque dita, come fosse un vassoio. Io uso questa.
I quattro angoli
In entrambi i casi il movimento di stesura del collodio deve seguire un movimento circolare. Per comprenderlo, si assegni ai quattro angoli della lastra un numero. Io sono destrorso e tengo la bottiglia con la destra. Sulla mano sinistra tengo la lastra, con la tecnica del vassoio:
- il mio angolo numero 1 è quello a sinistra verso di me.
- l’angolo numero 2 è quello a sinistra lontano da me.
- il numero 3 è quello a destra lontano da me.
- infine, l’angolo 4 è quello a destra vicino a me, da dove il collodio in eccesso ritornerà dentro la bottiglia.
La procedura per la stesura del collodio sulla lastra
- Inizio versando senza timore una quantità generosa di collodio, che formi una bella pozza di circa il 50% della superficie totale della lastra.
- Immediatamente basculo la lastra verso l’angolo n.1.
- Quando il collodio ha quasi raggiunto l’angolo, basculo perché la pozza di collodio si sposti verso il n.2.
- Poi continuo col n.3
- e infine vado al n.4.
- Prima che il collodio scappi fuori dalla lastra, appoggio l’angolo della lastra sul bordo della bottiglia e la sollevo velocemente quasi in verticale. Il collodio in eccesso torna nella bottiglia.
La scolatura della lastra
Rimango in questa posizione per circa dieci secondi, per permettere al collodio di scorrere via il più possibile. Basculo continuamente la lastra sulla bocca della bottiglia perché i cordoni di collodio che si formano lungo i bordi della lastra riescano a fluire via il più possibile.
Non dobbiamo avere timore nella collodiatura della lastra ma neanche starci troppo tempo. Se il collodio si secca non prenderà il nitrato nella fase seguente. Mentre scoliamo l’eccesso di collodio, l’alcol e l’etere evaporano in gran quantità dalla lastra. Si avverte bene dall’odore. Questo è bene, perché meno alcol o etere rimane sulla lastra e più è efficace l’argentatura che segue. Ma se si secca tutto bisogna buttare via la lastra. Diciamo che dall’inizio della scolatura 30 secondi sono un tempo limite in estate e un minuto in inverno. Poi la lastra inizia a seccare.
Da questo momento in poi bisogna lavorare in luce inattinica, o di sicurezza, perché il collodio inizia a diventare fotosensibile.
Come avviene la reazione chimico-fisica che rende il collodio umido sensibile alla luce
Di per se i sali alogeni che abbiamo messo dentro il collodio, non portano nessun risultato. Sono solo un veicolo per trasportare dello ione alogeno, necessario alla fotosensibilità. Infatti possono esser conservati in boccette chiare ed esposti alla luce. Non reagiscono.
La foto sensibilizzazione si ottiene quando questi sali sono combinati con l’argento ionico, normalmente trasportato dallo ione nitrato. In questa condizione i composti alogeni cedono il loro ione alogeno (bromuro, cloruro, ioduro) che si combina con lo ione argento metallico e si formano i composti fotosensibili bromuro d’argento, cloruro d’argento e ioduro d’argento, usati da tutta la fotografia chimica dal 1800 fino ad oggi.
Il collodio argentato è fotosensibile, cioè sensibile alla luce, visibile ed UV. Ma non è sensibile alla luce rossa. Il collodio argentato è un materiale ortocromatico, ovvero sensibile alla luce che va dal verde ai raggi UV, con una fortissima sensibilizzazione spostata verso i raggi UV. Questo significa che il collodio è molto sensibile alla luce azzurra e i cieli vengono sempre chiari e piatti. Invece è molto poco sensibile al verde, e il fogliame rimane spesso molto scuro. Ci sono delle formule che tentano di bilanciare la sensibilità al verde, e le vedremo meglio più avanti, nella sezione dedicata alle formule.
La luce inattinica di sicurezza
Inattinica significa inefficace. Per questo per la manipolazione della lastra argentata si usa una luce con un filtro rosso specifico che tagli tutta la luce visibile e invisibile (UV) fino al giallo arancio e lasci passare solo radiazioni dal rosso in giù.
Nelle camere oscure portatili si pratica una finestra che viene filtrata con lo stesso materiale rosso della lampadina, ulteriormente abbattuto con fogli opalini, lucidi da architetti o fogli grigi a densità neutra controllata, per evitare che la potenza della luce solare passi comunque la barriera del filtro.
La luce verde o giallo-verde non va bene
La luce di sicurezza verde o giallo verde non va bene, perché il collodio è sensibile a queste radiazioni. Nel passato erano comuni per lavorare con le carte alla gelatina d’argento a gradazione numerata. Le carte erano sensibili solo alla luce azzurra ed UV e la luce giallo verde da meno fastidio di quella rossa ai nostri occhi. In camera oscura si vede meglio.
Poi arrivarono le carte tipo Multigrade, che sono ortocromatiche come il collodio. La luce di sicurezza verde andò in pensione e tornò quella rossa.
Come si fa ad “argentare” la lastra al collodio? Il bagno d’argento
Adesso siamo in camera oscura. Prima che l’alcol del collodio sia evaporato (prima che il collodio si secchi) questa lastra viene immersa in un bagno di soluzione acquosa di nitrato d’argento al 10%. Comunemente si usano vasche verticali per questo scopo, ma vanno benissimo anche tradizionali bacinelle. Basta avere l’accortezza di immergere la lastra velocemente e senza interruzioni, pena strisciate finali sulla foto.
ATTENZIONE: proteggetevi gli occhi con occhiali! Se una goccia di soluzione al nitrato d’argento vi finisse direttamente al centro della pupilla sarebbe un dramma. È un caso più unico che raro di centratura del bersaglio, che non si è mai sentito dire. Con la luce del sole la goccia diventerebbe nera, causando cecità permanente. Oggi fortunatamente esistono terapie staminali che possono rigenerare la cornea rovinata, ma non è il caso di tentare la sorte.
La lastra rimane nel bagno d’argento per alcuni minuti, in modo da permettere che tutti i sali alogeni si scindano e si ricombinino con l’argento.
Quanti minuti deve rimanere nel bagno?
Non c’è una regola. Si capisce da come il bagno d’argento fluisce sopra la lastra, sollevandola dal bagno. Se il liquido che la ricopre scorre in modo uniforme, l’argentatura è completata. Se invece scorre con strisciate a canali, come quelli che fa il vino d’annata sulla parete del bicchiere, allora ancora non è pronta.
A questo punto la lastra fotosensibile viene tolta dal bagno, asciugata sul dietro, scolata bene su un panno di carta assorbente e messa in macchina, pronta per scattare la foto.